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28 | poesie |
S’io potessi eternar tanto il mio nome,
Quanto la vostra chiara penna sona,
E se della laurea corona
4Degne potessi far le indegne chiome;
E se d’Apollo le gravose some
Portar sapessi ove sempre mi sprona,
Versar farei gran fiume d’Elicona,
8Cogliendo del bell’orto il dolce pome;
Per satisfare a voi con dir non grosso
Della Canzon sì bella e sì sottile;
11Ma perchè indegno son non mi son mosso
A traslatar Canzon tanto gentile
Sì pel fattor, sì pel rimar; nè posso,
14Nè tentar debbo, il mai non vinto stile.
Donna gentile, il lauro trionfante,
Ch’è d’arme e di scienza il sommo onore,
Se vincisse mie tempie, il tuo valore
4Descriver non potrei nè l’opre sante,
Che fanno meco il mondo sì ammirante;
Ma pregar vo’ qual è de’ vizi fore,
Che contempli tua vita e ’l tuo splendore,
8Ch’han fatte già al cielo invidie tante.
Dipoi n’andremo alle Muse, che state
Per l’altrui colpa, e per le cose felle
11Sono in Parnaso gran tempo serrate;
Perchè indegno son io, e invocherelle
Che con li lor poeti stieno armate
14A cantar sol di te, ch’al mondo tielle.