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ballate 17

     25Onde mia labbia sì mortificata
divenne allora, oi me! ch’ i’ non parea,
sentendo il cor morire innavverato.
Dicea meco sovente ogni fiata:
Ahi lasso, Amor, che giammai non credea
30che fossi con tra me sì spïetato!
Ahi che crudele torto e gran peccato
fa’ inver di me, sì tuo servo leale;
chè merzè non mi vale
34che tu non mi tormenti a tutte l’ore.


Resta nei codici Vat. 3214; Chig. l. viii, 305; Riccard. 2846; Ashb. 479 e Triv. 36. Fu stampato di sul codice Pucci, e riprodotta esattamente dal Valeriani e dal Nannucci. Varianti:

1. C. angelicha; 2. f. v. n. dal ciel venuta; 3. V. salut e virtute; 4. R. A. f. ha in se loc.; 6. A. ch’escì; V. offerire; 8. V. per mei; 9. A. fece via partire; 11. A. et quanto... giungner; R. A. f. il sentir giung.; 12. V. preposta percossa; 13. C. temetter che la more; f. V. R. temetter che la morte: 14. C. ouerasse; 16. C. settu morto; 18. R. rispondeva; 20. f. quasi scemando; V. tremendo non; 21. V. a leuare; 22. R. f. rimenare; 24. C. mandaro;