Questa canz. sappiamo conservarsi in quattro codd., ma però con tre diverse attribuzioni: il Vat. 3214 e il cod. 445 della Capit. di Verona, che la dànno a Giovanni dall’Orto; il Magl,
ii, iv, 250, che l’assegna a Fazio degli Uberti; e il Magl., vii, 993 che la dà a Lapo Gianni. Fu stampata la prima volta dal Trucchi (Serventese naz. ed altre poesie inedite di F. degli Uberti, Firenze, Benelli 1841); una stanza, la prima, diede fuori il Nannucci (Manuale, 1874, i, 258), ed altri versi avea pure pubblicati nelle Voci e locuz. ital. derivate dalla lingua prov. Firenze, 1840, p. 241. Il Renier l’accolse come di Giovanni dall’Orto nell’Appendice alle liriche di Fazio, pubblicandola secondo la lez. del cod. Veronese. Noi l’abbiamo stampata secondo il Magl., vii, 993, che l’assegna a Lapo, procurando di leggerla per intero, non ostante che la pagina del cod. che la contiene sia molto guasta. Dove il testo era incomprensibile ricorremmo alla lezione degli altri codici, specialmente il Vat. 3214 e il Magl. ii. iv. 250. Le parentesi quadre indicano le aggiunte fatte per ragioni metriche o schematiche: le altre, ciò che per le stesse ragioni dev’esser tolto. Dirò poi, e me ne duole, che non ho potuto dare di questa canzone una lezione che soddisfaccia almeno me, e ciò per