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Cap² è anche provata da la sua grafia generale e da alcune varianti1, per le quali esso si unisce più ad La, Lb che ad Lc, segnandone in parte anche la trasformazione2.
Le ha anche relazioni con M’f, Pb e C3, dei quali sono fra loro in intima
- ↑ Esempi: v. 5 - ed al presente — Lc - et dal presente.
» 53 - che no’l pruova — » - che lo prova.
» 65 - in forma non si vede — » - forma non si vede.
» 72 - t’ho sì ornata — » - t’ho si adornata etc. - ↑ Si desume per es. dal:
v. 42 - Lc - et simil — Cap² - essimil — La, Lb - a simil.
» 48 -» - di lui - correzione interlineare: lei — » - di lei — » » - di lei. - ↑ L’esame più superficiale di questi tre cdd. (vedi: descrizione) porta ad unirli in un solo gruppo: ma la lezione, che è costantemente eguale per le ballate, differenzia nei sonetti. La canzone presente sta fra le ballate. Raccolta più ampia è C, nel quale le rime, che precedono le rime di Guido, portano il nome del Guinicelli, il che ha riscontro in Pb, che è un fascicoletto che contiene quasi esclusivamente rime del nostro. M’f invece appare una raccolta condotta con regolarità ed avente forse varie origini, poi che essa contiene la Vita Nova che manca in Pb e C. In esso le rime di Guido seguono quelle di Dante. Per questo la relazione sembra più stretta fra Pb e C che non con M’f: ma M’f ha la ballata «Ero in penser d’amor quand’i’ trovai» dopo la canzone «Io non pensava che lo cor giamai» ed il contrario è in C, mentre Pb ha: ballata, canzone e ballata, interrotta quest’ultima dopo pochi versi. Non si può quindi ammettere che M’f prendesse la ballata dopo la canzone da Pb, perchè ivi è interrotta, ma piuttosto che l’originale di tutti i tre codici portasse due volte la detta ballata, la quale C copiò nel primo posto ed M’f nel secondo. Nega però questa ipotesi il fatto che la seconda copia della ballata in Pb differisce per la lezione da la prima e da C, M’f (esempi: diceva per cantava, foco per gioco) onde si deve soltanto ammettere che M’f avente uguali origini con la prima copia di Pb e con C, mutò l’ordine e Pb ne ebbe da altre origini la copia seconda. M’f porta, invece delle rubriche copiose di Pb, C, il solo nome: Guido, in fianco a le rime: sembrerebbe quindi un ms. dettato per un conoscitore dell’antica lirica italiana. Dopo i pochi versi della ballata Pb si chiude: gli altri due continuano con alcuni sonetti in quest’ordine:
M’f - 1, 2, 3, 4, 5, 6 C - 4, 3, 5, 6, 1, 2 con evidente rassomiglianza. E possiamo dividere i sonetti così: 1 e 2 uguali perfettamente nei due cdd.: 5 e 6 differenti, i quali poi che rimangono così uniti a due a due rivelerebbero origini diverse. Degli altri due il 4 differisce, il 3 è uguale. Non si può ammettere che questa formazione d’ordine sia casuale, tanto più se si osserva che le differenze pur nei sonetti 5 e 6 non sono gravi. Nel 5 vi è una costante uguaglianza ortografica: nel verso 10 C dà - per mezzo gli occhi - ed M’f - dentro da gli occhi - ove si può facilmente credere ad una correzione da parte del copista di C per evitare la ripetizione di M’f - «dentro da gli occhi passò dentro al core». Nel 6 pure l’ostacolo è minimo: alegranza in C, alegrezza in M’f, mentre tutti gli altri hanno l raddoppiato. Ma nel 4 le difficoltà sembrano insormontabili. Abbiamo:
v. 4 M’f: en altro modo — C: ch’en altra guisa. » 8 » l’anima mia dolente — » l’anima trista per voler. » 9 » e poi sostenne — » ma poi ristette. » 11 » che porta dentro — » che porse dentro. » 11 » che volean morire — » che credean morire.