Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 19 — |
L’altro codice importante, che dà il nome del Cavalcanti, Ca, è codice di grande autorità, nè alcun dubbio venne mai ai ricopiatori posteriori, nè al Bembo o Brevio ricordati nel Bartoliniano, nè a Lorenzo de’ Medici, ammiratore così studioso dell’opera del Cavalcanti. Se non il Magnifico, certo il Bembo1 conobbe anche il codice vaticano, onde si dovrebbe credere che egli o non si accorse che i sessantuno sonetti formavano un tutto solo o non trovò necessario distinguere l’uno dagli altri. Pur volendo mettere in dubbio l’autorità non piccola di Ca, si dovrebbe cercare conferma al dubbio nel valore estetico ed artistico del componimento, il quale al contrario ne dà una completa smentita.
L’età di Guido va dal Guinicelli, che segna il passaggio da la prima forma toscana a la forma rinnovata dello stil novo, a Cino da Pistoia, anello di congiunzione fra la psicologia quasi esterna nell’ideale dei primi poeti nuovi e la psicologia intimamente realistica del Petrarca. Cino rappresenta già il drama intimo psicologico.
In questo sonetto, pur così tragico, il poeta non istudia veramente il suo dolore, ma lo osserva come riflesso in uno specchio: il suo sguardo non scruta nell’anima, non vi si sprofonda, ma inalza l’anima a l’altezza degli occhi per poterla ben vedere; onde viene la conseguenza che quest’anima dolorosa si mantiene nel contatto con tutte le cose esterne e non si racchiude, nel momento della commozione, in sè stessa. La realtà psicologica quindi non aveva ancora pervaso la poesia quando il sonetto fu scritto, sì che l’esame estetico non convalida che l’attestazione di Vd, che lo porta nelle sue rime, trascritte certo non oltre l’ultima produzione poetica di Guido. Più indietro d’altra parte non si può riportarlo, chè, se pure il Guinicelli è maestro ai poeti novi per la teorica amorosa e per la ingenua semplicità dell’arte sua, nè egli nè i contemporanei suoi arrivarono mai ad una simile espressione tragica di vero dolore. Si può vedere anche che Ca2 non è veramente origine ai gruppi affini — Mf. C. Rc. — La. Lb. Ma. — Lc. Giunt. Cb. Pa, come non è origine a la tradizione Bart-Ra: ma ha origini non dissimili del tutto, sebbene le varianti che stringono insieme questi gruppi attestino dei generatori lievemente dissimili da Ca. E poichè Ca non è nè pur molto diverso da Vd potremmo anche ammettere, nei vari generatori dei gruppi secondari, non discendenze dirette da Ca, ma da fonti esterne a Ca, parallele a Vd, che è senza alcun dubbio il più puro: onde si avrebbe anche in codici di relazione con Vd l’attribuzione del sonetto al Cavalcanti. Senza insistere più oltre mi pare si possa stabilire che criticamente non è possibile
- ↑ Cian: op. citata.
- ↑ Vedi la classificazione dei mss.
tizie degli scrittori bolognesi: t. II pag. 149 e VIII pag. 308 - Grion: Die Vaticanische Liederhandschrift N.r 3793 in Boehmer, Romanische Studien - Halle, 1871, I. pag. 61-113. Lo pubblicarono: D’Ancona e Comparetti: Bologna, Romagnoli - Collez. di op. ined. o rare da n. 43 a 47. Il Grion disse che il Bembo l’aveva avuto da suo padre, che nel 1478-80 veniva ambasciatore a Firenze nel tempo in cui si componeva Lc ed in cui Angelo Colocci raccoglieva quanto si trova in Vat. 4818. Questa opinione non è stimata sicura da Vittorio Cian (op. cit.). Secondo il Grion (Propugnatore, Vol. IV, P. I. pp. 105 e sgg.) ne sarebbe una copia anche il Vat. 4640. Il Trucchi lo disse composto fra 1265-75. Il Visconte Colomb de Batines lo riportò a la fine del sec. XIII od a’ primissimi del XIV.