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un paragone, segno evidente di difficoltà di inspirazione poetica, segno che non lo slancio lirico, nascendo dal core e salendo al cervello del poeta, lo traeva a poetare il suo sentimento, ma che invece il rimatore meditava più che sentisse, cercava paragoni e li scioglieva e li manifestava ancor di nuovo ampliandoli.

Non così fa Guido: ogni sua rima s’apre quasi rudemente, esprimendo senza indugi la passione che lo move, onde tutte le cose sue hanno quella tinta assolutamente speciale e sono un po’ rozze forse, ma sincere: sono rime di necessità. E la fine?1 La tempesta era troppa nell’anima di Guido sempre, perchè egli sperasse nella tranquillità. A qual porto mai potè egli ridursi nell’imperversare dell’uragano? come poteva sfuggire se l’uragano era tutto nella sua anima? Non credo di dover accettare il sonetto.

Così giungiamo a l’argomento più importante, che riguarda i sessanta uno sonetti dati dal Vat. 3793. L’Ercole se ne occupò in un’Appendice al suo volume, mossovi da la prima ipotesi lanciata da G. Salvadori in un articolo genialissimo2, e li escluse per ragioni ch’egli ricercò nel fatto d’esser tutti i sonetti adespoti e nel valore estetico delle rime. Confutò le sue ragioni il Salvadori istesso3, raffermando la sua opinione che i sonetti si dovessero attribuire al Cavalcanti. L’argomento maggiore ch’egli addusse fu quello che il sonetto:

Morte gentil rimedio de cattivi

contenuto fra questi è pure dato al Cavalcanti da tutti gli altri cdd. che lo portano e, formando i sonetti qui una serie unita e quasi un trattato, o si deve escludere anche quello o si devono accettare tutti. Ciò aveva avvertito e dimostrato anche il Casini4. Se infatti vi si possono internamente, da un sonetto a l’altro, notare alcuni sbalzi, questi sembrano essere stati voluti da l’intenzione del-

  1. Lezione di Ca:

    Poi ch’aggio udito dir dell’om selvaggio
    che rid e mena gio’ del turbato
    dall’aire fredda in suo choraggio
    pensa che torni in dilectoso stato

    per la bona speranza lo dannaggio
    li pare acquisto di ben ristorato
    sichome fosse bel tempo di maggio
    si truova d’allegrezza sormontato

    ed eo similemente mi conforto
    pensando spesso che lo mar tempesta
    e po ritorna ’n gran tranquillitate

    Mentre che dura son ridotto al porto
    de la bona speranza fo mia festa
    e di freddura attendo bonitate.

  2. Domenica Letteraria 17 febb. 1884 - Prima della Vita Nova.
  3. La poesia giovanile di G. C. - Roma, Soc. Editrice, 1895, pag. 83.
  4. Annotazioni critiche sulle antiche rime volgari del cod. Vat. 3793, ordinate da T. C. Stanno in fine al vol. V. dell’edizione Borgognoni - Bologna, Regia Tip., 1888, pag. 185.