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mal si nasconde un tipo arcaico di poesia, tale da doversi riportare piuttosto più indietro che dopo il Cavalcanti. Del solo sonetto:

troviamo ricordo in Ca che lo attribuisce a Dante, presentandone una lezione che è prova degli svarioni della lezione di M’a1.

A Dante lo attribuisce anche il codice Bologna2. Un altro di questi sonetti pure adespoto fu scoperto dal prof. Flaminio Pellegrini tra i frammenti di un canzoniere ignoto del sec. XIV3. L’antichità quindi di alcuno fra questi sonetti è fuor di dubbio. Il sonetto scoperto dal Pellegrini appare tosto incompatibile con l’arte squisita del Cavalcanti: è l’ammonizione ad una gentil donna: — Voi mi amate ed io vi amo: perchè non ci mettiamo d’accordo?4 — Questa è l’unica idea diluita in quattordici versi. Il sonetto primo della serie è in aperta contraddizione5 con quel che Guido soavemente scriveva nel sonetto a Dante per il sogno:

sì va soave per sonni a la gente
che ’cor ne porta sanza far dolore.

  1. izare.- aiçare — escridar - isgridar — voler imboccare - volger e nbocchare — uom d’intendimenti - van d’intendimenti — ma fra - ed io — sto - esto.
  2. Il Casini (Giorn. Stor. II, 334 e segg.: Di una poesia attribuita a Dante) dà notizie di un mss. che fu già di un Avv. Scapucci, indi del comm. Bologna di Firenze e sarebbe di poco dopo la metà del sec. XIV. Fu studiato dal Witte (La Vita Nova di D. A. - Leipzig, Brockhaus, 1876. pag. XXX) e dal Fanfani (Le rime di Cino - Ed.: Bindi e Fanfani - Pistoia, Niccolai, 1878, pag. LXXXXVII). Il Bologna ne trasse alcuni sonetti per nozze Galli-Fanghi (Firenze: tipografia dell’Arte della Stampa, 1879). Il sonetto in questione ha il n. 29 nell’indice del Casini.
  3. Publicati dal Pellegrini (Franchini 1896) per nozze Biadego-Bernardinelli. Sono due listelli di pergamena che fanno parte d’una medesima pagina di codice scritto nella prima metà del trecento. Furono già applicati per rinforzo a la legatura d’un libro nell’Archivio di Stato dì Bologna. Sul recto la pagina porta sei strofe della canzone di Guittone d’Arezzo: - Vergogna ho, lasso, ed ho me stesso ad ira - ed il Pellegrini dimostra che il nuovo testo sarebbe riuscito prezioso perchè discorde dai 4 mss. già noti e, quantunque stretto da affinità singolare con Vat. 3793, si collega bene per il colorito linguistico con il Laur. Red. 9 ed il Ricc. 2533. Sul verso della prima pagina si leggono due sonetti interi e due frammentari: uno degli interi è il sonetto dato da M’a: — Li gran turmenti ch’insembla patemo.
  4. Lo gran tormento che ’nseme patemo
    gentil madonna, perchè n’adiviene?
    Io v’amo et voi m’amate e ’nseme semo
    d’uno volere e pur vivemo in pene.
    Lasso tapino me, perchè dolemo
    poi che siam d’un voler e d’una spene.... etc.

  5. Così m’aviene, Donna mia valente,
    come all’orbo che sogna vedere:
    mentre che sogna sta allegro et godente
    et poi si sveglia e tornagli martire.
    E questa pena avien a me sovente
    che ’n fra le braccia me ’vi posso havere
    poi mi risveglio e non trovo niente....