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VI.

L’oscura morte voria che venesse
     e mi traggesse di tanto penare:
     ch’io non fesse dimoia a Dio
     forte me’ncresce lo pur dimandare

Sanami vita se ciò ad venesse,
     del mondo uscesse e non più dimorare:
     che tanta pena mi raddoppia e
     Dir lo potesse’ 1 mio cor e mostrare

a voi, che mi stringete1 in tal maniera
     come la cera che dal foco apprisa
     non ha diffesa e sempre più s’alluma

Peccato fate che sete sì fiera,
     onde’l mio cor dispera di tal guisa:
     mia mente assisa veggio si consuma


VII.


Il povero gentil e vergognoso
     anzi che chere lassassi morire,
     e ’nanzi al ricco mostrasi goffoso,
     credendo che gli deggia sovenire;

ma lo cortese e ben a Venturoso
     vede in sua vista con’teme di dire:
     per gran pietatc lo chiama in ascoso
     e donagli conforto di guarire

Così divien cui l’amore ha conquiso
     che per vergogna dimandar non osa,
     ma per sembianti mostra ciò ch’ha in mente

Dunque mercè saria fosse piatosa
     la sua Donna, en cui l’amor l’ha priso,
     di sovenire lo suo ben voiente

  1. Corretto in margine: struggete.