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come feditori, essi avevano offerte ai dardi a Campaldino: la costituzione del '66 di Lod eringo degli Andalò e Catalano dei Malavolti, modificata nel '82, cadeva nel '93 per gli ordinamenti di Giano della Bella, apostata dei grandi per le offese di Berto Frescobaldi, e Guido, che dei grandi era, facevasi ancor più sdegnoso e mirava con occhio torvo la marea democratica e stringevasi ai Cerchi ed ai Tosinghi, preparando il dardo contro Corso Donati. Bisognava che tali anime irose e superbe uscisser di Firenze perchè Bonifacio VIII potesse toccare la méta del suo avido sogno: tota Tuscia sibi dari : e la lotta fiorentina divampava più terribile, dilagava per le vie nel Calen di Maggio del 1300, mentre il papa ne godeva e preparava le feste del giubileo. Allora per la mano di Dante, dell' amico suo primo, il quale era tratto da un desiderio di pace e di libertà, Guido Cavalcanti deve uscire di patria ed avviarsi a la morte nelle febbri di Sarzana. La sua anima, assetata di vendetta, non potrà godere della morte di Corso fuggente sotto i colpi degli inseguitori, né di Bonifacio umiliato al Nazaret e fatto vile da lo schiaffo di Sciarra Colonna.

Egli rientrerà in Firenze con la febbre nelle vene, annunziando insieme l'arrivo e la morte con la soavissima e disperata ballatetta estrema. In questi ultimi tempi ogni freddezza filosofica, ogni serena adorazione d'amore sfugge da le rime di Guido: non resta che il dolore e la rabbia politica e lo scherno acuto, tutti propri di un'anima, che molto ha sofferto e molto odia e poco spera. Ma l'arte sua invece è in un progresso continuo e tocca il vertice nel supremo addio a la vita: l' uomo e il poeta si fondono in un solo cantor doloroso e l' artefice studioso dilegua di fronte al poeta eterno del dolore e dell'amore, eterni come la vita susseguentesi delle umane generazioni. Partendo da la imitazione provenzale e del Guinicelli, Guido, sempre sincero e sicuro, arriva per via tutta sua a l' espressione più complessa della sua anima poetica e, mentre Dante si volge al volo sublime, egli, stretto a la terra, risente ogni puntura ed ogni dolcezza della vita reale e se ne fa poeta. Così egli attraversa la seconda metà del dugento severo e gagliardo con tutte le grandi virtù e con tutti i grandi vizi delle creature sovrane.