Pagina:Rime (Cavalcanti).djvu/204


- 190 -

è dell’anno 1283, perchè è risposta al sogno di Dante e segna il sorgere dell’amicizia fra i due poeti. Più tardo è certamente il sonetto pur di risposta:


S’io fossi quelli che d’amor fu degno.....


in cui il poeta parla di sè più che dell’amico: l’imagine dell’arciere che ha fatto giocondamente segno di lui, si ripete nel sonetto:


O tu che porti negli occhi sovente.....


che invece deve riportarsi ad epoca più tarda.

Un sonetto che si può senza esitazione riportare ad anni più tardi è quello a Nerone Cavalcanti, poichè Guido cominciò la sua vita pubblica nel 1284 e l’odio non doveva scaturire sì presto da l’animo del marito della figlia di Farinata: si deve anzi riportarlo dopo gli Ordinamenti di Giustizia, perchè l’odio si manifestò al formarsi dei partiti de’ Bianchi e de’ Neri ed i Buondelmonti furono dei Neri. Pure a più tardi deve riportarsi il sonetto:


Una giovane donna di Tolosa.....


e la ballata:


Era in pensier d’amor quand’io trovai.....


perchè si riferiscono al viaggio in Provenza, che per l’agguato di Corso Donati avveniva, secondo Dino Compagni, durante le inimicizie dopo il 1292. A questo amore già tardo per la Tolosana Mandetta si unisce il sonetto:


O tu che porti ne gli occhi sovente.....


Ancor più tardo è il sonetto:


Noi sian le triste penne isbigotite.....


che rivela quell’arrestarsi del poeta a le cose reali, che facilmente si riscontra nota speciale dell’ultima epoca e più realista dell’arte sua. Le parole "scritte dolorosamente„ ed inviate e tutta la intonazione del sonetto ci conducono a gli estremi dolori di Guido sul declinare della vita.

In questa ultima età non è più l’esame entusiastico dei fascini muliebri nel cuore innamorato, ma l’esame pietoso del dolore e l’invio di questo dolore a la donna, speranza ultima e prima dell’anima sua.

Poco dopo la morte di Beatrice fu senza dubbio scritto il sonetto di rimprovero a Dante: forse anche un po’ più tardi, ammettendo che Guido rimprove-