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XLIV.


Amore, i' aggio vostro dire inteso,
     del quale io ò conforto a me medesmo:
     che non mi par lo stato ora si pesmo,1
     né lo servir, ch'ò fatto, male ispeso,

udendo di che son da voi ripreso;
     che ciertamente nel mi' core i' esmo2
     che 'n ciò mi troverete sì acesmo3
     ch'i' non ne servirò di stare in peso,

ma d'esser corno dite tosto e breve
     in parte di dover merito averne,
     se 'n tal maniera mi dovete darlo.

Perdo n richero a voi s'oltraggio parlo,
     che volontà in me qui si dicierne
     non p-ur dicendo; ma la metto in breve.


XLV.


Talor credete voi, amor, ch'i' dorma,
     che co' lo core i' penso a voi e veglio,
     mirandomi tuttora ne lo speglio
     che 'nnanzi mi tenete e ne la forma.

E 'n ciò sì fermo son che fatto l'orma

     e divenuto ne lo' n taglio veglio.
     Ver è che ciò mi piace e pare 'l
     così '1 vostro disire, amor, lo corma.

nel suo podere e ciò forte m'agrada,
     però ch'i' posso dir, quand'a voi penso,
     ched io non abandono nul tesoro.

Aggia chi voi riccor d'argento e d'oro,
     che s'io voi sol aquisto e tegno, ben so
     c'onn'altro ricco inver di me digrada.

  1. Cattivo - ant franc.: pesme.
  2. Stimare - prov.: esmar - antico franc.: esmer.
  3. Adornare - prov.: acesmar - franc.: acesmer