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Invan contrasti homai, cedi Appennino.
Viè maggior de la tua mi chiama altezza,
Per cui non teme il giel mia fiamma ardente.
All’Illustrissimo Sign.
IACOPO DORIA.
SONETTO LXIIII.
Quei lumi son, che d’alto zelo ardenti
Vi dier quelle sì rare, e sì possenti
Grazie, che fiammeggiar in voi discerno;
Nè degni son del raggio almo, e superno,
Ne men del Ciel quei, che non furo intenti
Ad opra tal; ma di vaghezza spenti
Devrian precipitar nel cieco Inferno.
Alcun certo non fù, ch’al nascer vostro
I suoi pregi negasse; ond’è, che siete
La vera gloria de le patrie sponde.
Così di virtù rara altero mostro
D’amor non pur trà noi l’alme accendete,
Ma la gran Dori Arde per voi ne l’onde.
Al molto Illust. Sig.
PAOLO ODONE.
SONETTO LXV.
Starsi per me tua gran virtù sepolta
Odon ? ah non sia ver. mia lingua sciolta
Da bel desir desti la music’ora.
E Forse, |