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Poi che ’l bel corpo (ohime) di spirto casso
     Vide il mattin la Donna, in preda al duolo
     Dal balcon preso un disperato volo
     Col capo in giù precipitossi al basso.
Durante hor saggio tù l’animo indura
     D’Amor à i colpi; e questo humido essempio
     Ti scopra homai, ch’egli tiranno, ed empio
     Peste è del Mondo, e Mostro di Natura.
Ma tù medesmo col tuo nobil canto,
     Canto felice, ond’ergi al Ciel le piume
     Insegni altrui, che d’esto falso Nume
     Brevissima è la gioia, eterno il pianto.


SCHERZO III.


D
Al furor del dubbio Marte

In disparte
     Alessandro glorioso
     A la mensa già sedea
     E prendea
     Da i conviti almo riposo.
Mentre l’esca il digiun chiede
     Ecco fiede
     L’aer’ intorno l’armonìa
     D’huom, che tanto in dolci carmi
     Chiama à l’armi,
     Che dal cibo lo disvìa.
E qual suol il vento fiamma
     Così ’nfiamma
     Il Macedone Guerriero;
     Ch’ei le mense, e gli agi abborre,
     Indi corre
     A la pugna ardito, e fiero.


Tal