Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
47 |
Che viva il cor da tante pene oppresso,
Ch’io viva, e spiri in così gravi affanni
Meco di me mi meraviglio spesso.
Ohime, che l’hore, i giorni, i mesi, e gli anni
Consumo invan quest’Anima mi dice
Trista, e certa indovina de’ miei danni.
Ben son io ne’ martir sola Fenice,
E tù lo vedi, e ne gioisci, e godi
O del dolce mio mal prima radice.
Sì stretti sono gli amorosi nodi
Co’ quali Amore il cor mi stringe intorno,
Che Morte sola fia, ch’indi lo snodi.
Deh verrà mai quel desiato giorno,
In cui possa fruir quant’io vorrei
La dolce vista del bel viso adorno?
Crudel à che non torni? à che non bei
Me di quel bel, per cui tutt’altro oblio?
Ma tù prendi à diletto i dolor miei
E i sospiri, e le lagrime, e ’l desio.
SONETTO XLVII.
Onde sì illustre, e glorioso vai
Nasce quest’amor mio, nascono i guai,
M’è soàve ’l languir, dolce l’ardore.
Se da l’amato angelico splendore
Di quei duo soli amorosetti, e gài
Movon gli strali, onde ferita m’hai,
E de le piaghe mie dolce il dolore.
Se da la bocca, e dal soàve riso
Le mie lagrime nascono, e i sospiri,
M’è ’l pianger dolce, e ’l sospirar m’è grato.
Dunque |