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Al Sereniss. Sig. Duca d’Urbino
FRANCESCO MARIA
DALLA ROVERE.
SONETTO XLIV.
Si tua rara virtù, ch’io pur vorrei
Fregiar d’eterna gloria i versi miei
Agguagliando lo stile al tuo valore;
Ma scorre per lo sen freddo un timore,
Quando più ardente al Ciel poggiar devrei;
Nè con lingua tremante ordir saprei
Lode al tuo nome, ed à me stessa honore.
Altri dirà l’eccelse doti, ond’hoggi
Gran Duce illustri il bel Metauro. intanto
Pregia d’Alma non vil nobil desio.
Che trà le dotte voci, ond’al Ciel poggi
Fatto immortal, si perderia ’l mio canto,
Qual si perde nel Mare un picciol Rio.
SONETTO XLV.
Lagrime,e tu mia disprezzata fede,
Che fate meco più, se ’n van si chiede
Soccorso à quella micidial beltate?
Invan misere, invan da lei sperate
Aita, s’ella al mio languir non crede;
Nè può priego impetrar giusta mercede,
O ’n cruda Tigre ritrovar pietate.
Mal impiegato Amor se stesso offende;
Ed egli solo è del suo mal radice.
Ben hor quest’Alma (ancorche ’nvan) l’intende.
Ahi |