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All’Illustriss. & Eccellentiss. Sig.

D. GIOVANNI DE’ MEDICI.


SONETTO XLII.


T
Ù per proprio valor sì chiaro splendi,

Che men di tè fiammeggia il Sol qualhora
     Più bello appar de l’Oriente fuora,
     E di virtù con la virtù contendi.
Ben à dritta ragion dal giovar prendi
     Inclito il nome; poich’à te null’hora
     Senz’altrui prò sen’ fugge; onde s’adora
     Tua gloria mentre à l’alte imprese intendi.
Tù de’ Medici Heroi le palle altere
     Quasi fulmini aventi al fero Trace
     Sì che fugato, e morto è l’empio stuolo.
Però del gran Giovanni il nome à volo
     Poggiando arriva à le celesti sfere
     Dispreggiando il poter del Tempo edace.


SONETTO XLIII.


C
Inta di fiori, e d’amoretti gài

Tù pur ritorni ò dolce Primavera;
     Ma ’l dolente mio cor come prim’era
     Nel Verno de’ martir ritroverai.
Per cangiarsi di tempo anch’io sperai
     Cangiar fortuna; ma l’orribil Fera
     Già di Cerbero nata, e di Megera
     Dal mio misero sen non parte mai.
Iniquo Amor tù de l’Inferno uscisti
     Con l’empia Face, che i miei spirti infiamma
     Per eterno dolor de’ cori altrui;
Ma nel mio disperato sen venisti,
     Perche di Donna, che già un tempo fui
     Mostro foss’io di miserabil fiamma.


Al