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Sciogliete il freno pur dolenti lumi
Al pianto, e tù mio cor apri le porte
Al duol, sì che pietosa al fin la Morte
Lo mio stame vital rompa, e consumi.
Così quegli egualmente e bello, e rio,
Che di macigno il petto, e ’l cor sempr’hebbe
Di mia morte vedrà sazio il desio;
O pur se del mio duol mai non gli increbbe
In lui Pietà dal freddo cener mio
Calde fiamme d’Amor destar potrebbe.
Alla Illustriss. & Eccellentiss. Sig.
D. MARFISA D’ESTE CIBO
Marchese di Massa, &c.
SONETTO XXXIIII.
Dirian, che quanta havean bellezza in loro
Sparsero in questa, ch’io più, ch’altra honoro
Per mostrarsi quà giù, ricche, e possenti.
Ma non ragionan le due Stelle ardenti
Di quel bel volto, e quelle chiome d’oro?
Non dice il riso dal celeste choro
Venni à beàr le pellegrine genti?
Fortunati mortali aprite il seno,
E l’Alma voli entro la nobil luce
De gli occhi, ond’anco esser Fenice io spero.
Di Marfisa l’angelico sereno
Sgombra la mortal nebbia, e qual sentiero
D’alta bellezza al sommo bel conduce.
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