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SONETTO XXIII.
(Contrario effetto) perch’io lassa viva
Quand’ella splende più, di lume priva
Fosca nel mezo dì notte m’adduce;
Ond’è, che versa l’una, e l’altra luce
Calde lagrime in vano, e l’Alma schiva
D’horror piena, e d’ardor di riva in riva
Mia fera stella à sospirar m’induce.
Si di mia verde età misera l’hore
Traggo in pianto, e’n faville, e non comprendo
Qual sia maggior in me l’onda, ò la fiamma.
Tal verde legno ancor nel foco ardendo
Ne mette in dubbio, se ’l cadente humore
L’incendio avanza in cui tutto s’infiamma.
SONETTO XXIIII.
Ah questi indizi son d’usata doglia.
Al pianto, ed à i sospiri il fren discioglia
Quei, ch’amando sostien lieve martiro.
Troppo del sen, troppo de gli occhi usciro
Sospiri, e pianti. hor che più fier m’addoglia
Il mio tormento di morir m’invoglia
Disperato, e giustissimo desiro.
Se non m’ancide il duol, se ’nvan m’attempo
Per impetrar mercè del lungo affanno
Deh qual salute homai sperar mi lice?
Sciogli tu Morte pia que’ nodi, c’hanno
Quest’Alma avvinta; che ’l morir à tempo
E don dato dal Cielo, e don felice.
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