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Di questo Egeo mortal l’atre procelle
Care viscere mie cotanto acerbe
Deh quando scorgeran porto tranquillo?
O s’avvien, che per voi stanza mi serbe
Pietoso il Cielo, e prema un dì le stelle,
Felicissimo pianto, ond’hor mi stillo.
All’Illustriss. & Reverendiss. Sig.
CARDINAL S. GIORGIO
CINTHIO ALDOBRANDINI.
SONETTO XXI.
In ogni bosco ancor lodar s’intende
Cinthio il tuo nome; ond’altri hoggi comprende,
Ch’è spazio angusto al tuo valor la terra.
E quei, che ’l tutto frange, e ’l tutto atterra
A’ tuoi gran pregi homai vinto si rende;
Poiche mentre à lodarti ogn’uno intende
L’ultimo, che ti loda è ’l primo, ch’erra.
E dritto è ben, poi che col Sol la luce
Non è congiunta sì com’hor il senno,
La Virtù, la Bontà teco e ristretta.
Tal, ch’ogni lingua è d’honorar costretta
Quella gloria immortal, che ’n te riluce;
E chi parlar non sà loda col cenno.
SONETTO XXII.
Ti figuri piacer? qual gioia credi
Fruir amando? ahi misero non vedi
Ne l’altrui doglie il tuo presente male?
B 2 Sospi- |