Io poiche l’Alba in oriente appare,
E poiche ’l Mondo si ricopre d’ombra
Non ho co’ miei martir pace, nè tregua.
Giamai quest’alma non alleggia il peso
De’ suoi noiosi incarchi;
Nè per querele il core
Sente farsi men grave il suo dolore.
A le fredd’ombre de la notte oscura
Ardo non men, che al chiaro, e caldo giorno.
De le stelle il silenzio amico, e fido
Porge ben (lasso) à gli animanti tutti
E quiete, e riposo;
Me richiama à i sospir, richiama al pianto.
Tacciono gli altri, ed io
Dico à i sassi gridando il dolor mio;
E quanti affanni hò sostenuti il giorno
Ne l’horror si raddoppian de la notte.
Ahi ben è ver, che non m’è giorno il giorno;
Poich’io non veggio cosa, che m’apporti
Nè piacer, nè contento, nè speranza;
Non m’è notte la notte, poscia ch’io
Riposo unquà non trovo,
Cosa non veggio mai, che mi prometta
Men noiosa fortuna;
Anzi mi par, che quanto
Veggio, minacci à l’alma angosce, e pianto.
Ma tu, che ’l foco, e le saette porti
Molle fanciullo in un lascivo, e forte,
Tù, che ’nfiammi, e ferisci
Dove soffia Aquilone, e Noto spira,
E quanto vede il Sole,
E nascendo, e morendo