Dicea privo di speme
In un languido suon queste parole.
A le cui meste voci
S’udian sovente risuonar le selve.
Amata quanto bella,
Ma fugace Nigella
Non selva, Monte, ò Valle
Hebbe Leon giamai, Cinghiale, od orso
Sì spietato, sì rigido, ò sì fiero
Come rigida, fiera, e dispietata
Se’ tù Nigella ingrata;
Che da gli huomini fuggi
Per seguitar le belve.
Ma se con tanta tua fatica, e rischio
Le fere vai seguendo
Per farne preda, lascia,
Lascia homai di seguirle,
Ch’io già tua preda sono.
Ma come preda son se mi rifiuti?
Scemar potess’io almeno
I miei penosi affanni;
O volesse fortuna,
Che tu Ninfa crudele
Gli conoscessi in parte.
Ma nè scemar i miei martiri io spero,
Nè sperar posso ancora,
Che tù mai gli conosca
Non c’haverne pietade;
Che chi non prova amore,
In altrui men non lo conosce, ò crede.
Dunque ben fù mia stella
Misero amante, ch’à l’incendio solo