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SONETTO XV.


Q
Uando fien del mio cor salde le piaghe,

E spezzate l’asprissime catene?
     Quando havran fin le mie noiose pene,
     Nè più fia Amor, che lo tuo stral m’impiaghe?
Quando le parolette accorte, e maghe
     Non saran d’un velen dolce ripiene?
     Quando di quelle luci alme, e serene
     Più non vedrò queste mie luci vaghe?
Per dar al grave mio tormento fine
     Mille sin quì rimedi hò port’al core,
     Ma cresce il mal mentr’io procuro aita.
Orsa così dal cacciator ferita
     Mette nel fianco offeso e sterpi, e spine,
     E ’n vece di scemar cresce il dolore.


MADR. V.


I
L mio vago homicida

Al ferir pronto, ed al sanarmi tardo
     Dopo un sospirar vano,
     Un desiar, un vaneggiar insano
     Più che mai bello volge à me lo sguardo:
     Poi come lampo fugge.
     Così gli occhi m’abbaglia, e ’l cor mi strugge.


MADR. VI.


S
E per pietà del mi’ angoscioso male

M’havesse dato Amore
     Così le sue bell’ale
     Come mi diede il foco:
     L’empio, che fugge, e mi nasconde il core


N’an-