Del grave aratro ancor le crude offese;
Ma benigna porgèa
Da se medesma il cibo.
Davan le ricche piante
I lor dolci tesori
Senza coltura à’ semplici Pastori.
Le grotte erano alberghi
Securi de le genti;
Ch’à gli altrui danni alcuno
Di fraude non havèa la mente armata.
Felice Povertà, vita beàta.
Non rodèa l’odio, ò l’ira,
Od altro morbo rìo
L’anime semplicette.
Non era il men possente ingiusta preda
Del più forte, ò più rèo;
E di ragione in vece
Non s’usava la forza, e ’l ferro ignudo;
Ma pensava ciascun come potesse
Giovar al suo vicino.
O dolce etade andata.
Felice Povertà, vita beàta.
Pasciute Pecorelle andiamo à l’ombra;
Che ’l Sol varcato di meriggio il segno
Co’ veloci destrier corre à l’occaso.
Ivi gustar il fonte,
Ivi ruminar l’herbe, ivi posarvi
Potrete, fin che ’n Mare.
Egli raccolga in uno il giorno, e i rài.
Andiamo, che finita
E l’opra incominciata.
Felice Povertà, vita beàta.