Quegli à Principe serve,
Che non gradisce, ò cura
Servitù, nobiltà, saper, ò fede.
Quegli combatte il Regno.
Questi la Monarchìa brama del Mondo;
E perde il cibo, e ’l sonno
Machinando ad ogn’hor congiure, e frodi.
Felice dunque io sono
Ben mille volte, sì perch’io son tale,
Si perche ancor conosco
La mia felicitade;
Vivendo in quella guisa
Ne la qual visse quella prima etate,
Quando habitar gli Dei la selva, e ’l colle.
Nel cui tempo tranquillo, ed al Ciel caro
Non premevano i legni audaci l’onde
Di vele armati, ò pur di remi; alhora
Cinte di forti mura,
O di profonde fosse
Non eran le Cittadi;
Nè coperti d’acciar cruda tenzone
Facean gli huomini fieri,
Ne d’human sangue si spargèa la terra.
Non era l’uso ancora
Di por nei vasi d’or misto col vino
L’atro mortal veleno.
Non divideva i campi
Termine alcun; che ’l desiderio ingordo
Di posseder non accendèa veruno.
Non furto alhor, non l’altrui casta Donna
Impudico amator bramar solèa.
Non sostenèa la terra