Co’ pomi poi, con le mature ghiande,
E con altre vivande, onde l’Armento
M’è cortese ad ogn’hor domo la fame;
E ne la man viè più, che l’aurea Tazza
A me gradita accolgo l’onda fresca;
Onde acqueto la sete; e sovra l’herba,
O ne l’humil casetta
Chiudo le luci in grembo
De la quiete avventurosa, e grata.
Felice povertà, vita beàta.
Felice è quegli ancora,
Che tutte le Città disprezza, e fugge,
Contento di quel poco, che Natura
Ne’ verdi campi gli apparecchia, e dona ,
E ’n poverello albergo
Rinchiude ogni sua speme.
Questi se da le Nubi oscure scende
Ingiuriosa pioggia
Sì che n’allaghi i campi;
O se da i Monti il vento
Con impeto rivolge
De le più salde piante
Le ritorte radici al Cielo; ò pure
Se grandine importuna
La bionda messe, ò l’immaturo Bacco
Gli invola; il cor non turba;
Che soffre in pace quanto
Van travolgendo le nemiche stelle;
Che d’avarizia ingorda il cieco affetto
Non desta in lui de l’oro
L’ardente infame sete.
Questi non aura popolar, che sempre