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Ben à dritta ragion il cibo, e ’l sonno
Cara Madre sbandisco
Ogn’hor Morte chiamando.
O nemica mia stella, ò destin rìo.
S’esser cruda per me devesse, ed empia
L’innesorabil Parca
Col levarmi dai vivi
Ben ella in ciò saria veloce, e presta
Come fù alhor, che tè da noi divise;
Ma perch’ella conosce,
Ch’essendomi crudel fora pietosa
Perdona al viver mio,
Quando l’alma dolente altro non brama,
Che trar gli infausti giorni
Per l’occaso di morte al fin de gli anni.
Deh giunga de’ miei dì l’ultima notte,
Notte, ch’à me più chiara fia del giorno.
Felicità de gli infelici Morte,
Morte deh prego trammi
Là vè sotto sembiante
Di morte è vita vera.
Pommi col cener freddo de l’amata
Mia Genitrice, pommi ov’è colei,
Che molto seppe al mondo, e poco visse.
IN MORTE DI NISIDA.
Del famoso Meandro dolcemente
Riempiete col canto, ò pur col pianto
(Quant’alcun dice) di pietà soàve
Alhor, che sete al morir vostro appresso;
E tù mai sempre à tuo’ pietosi lài
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