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IN MORTE DI DAMONE.


C
Hi viver può sotto l’immenso peso

Del grave duol de la tua morte acerba,
     Securo può del Mauritano Atlante
     Lo ’ncarco sostener di tante stelle.
     Forman questi occhi un pelago di pianto
     Pensando (ohime) che più veder non ponno
     Damon terror de’ Lupi, honor de’ boschi.
     Deh sì mi fosse il bel Castalio amico,
     Ch’io potessi ne’ tronchi, e ne le foglie
     Con le sue lodi i miei martìri atroci
     Andar segnando in questa parte, e ’n quella;
     Forse, che non saria sì alpestre core,
     Che non donasse a’ miei dolenti versi
     Una pietosa lagrimetta, ò almeno
     Un sospir breve, od un’amico à Dio.
     Mà se non lece à me volger la penna
     A tanta gloria; voi pudiche Suore
     Habitatrici de le nobil’onde
     Del famoso Hippocrene à Febo grato;
     Voi sole per li sassi, e per li tronchi
     Incidete Damon, ch’à sì gran nome
     E tuoni, e lampi, e folgori, e tempeste
     Lunge staranno. ò Dive hoggi non niega
     Il Cielo à voi degna materia, ed alta.
     Date principio al lagrimoso carme.
     E mentre al vostro dir Echo infelice
     Ripiglierà Damone, onde Damone
     Risuonerà la Valle; io col mio pianto
     Bagnerò quell’amata, e gelid’urna,
     Che ’l cener freddo asconde, sì che i marmi


O     4          Inte-