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SONETTO CXCI.


V
Oi cui l’ardor d’amor, l’ardor de gli anni

Movono cruda, e perigliosa guerra
     Mentre le forze sue vaga disserra
     Frale beltà con micidiali inganni,
Torcete il pie’ da gli ostinati affanni
     Colpa di cui l’alma s’afflige, ed erra;
     E pria siate nud’ombra, e poca terra
     Volgete i lumi à quegli eterni scanni.
Del vostro breve giorno ah non vogliate
     L’hore più belle consumar nel pianto,
     Che vano empio desir dal sen v’elice.
Come v’inganna questo senso tanto,
     Che l’eterna fuggite, alma beltate?
     Chi sprezza il Mondo al Mondo è sol felice.


SONETTO CXCII.


A
Hi Alma, ahi di te stessa homai t’incresca,

Se fosti sol per l’alte Sfere eletta
     A che folle del Mondo agogni l’esca
     Mentre à l’occaso il viver mio s’affretta?
In terra quanto i desir nostri invesca
     Quasi mortal veleno i sensi infetta.
     Consenti dunque, che l’età men fresca
     Almen doni al Signor, che pìo n’aspetta.
Di Christo solo il glorioso nome
     Formin gli accenti miei, ned altro core
     Habbia ’l petto; ne ’l core altro desìo.
Sgombra de’ falli tuoi le antiche some,
     Lavi sordido limo acqua d’oblìo,
     Nè senso altro sia ’n me, che di dolore.


O     2          Qual