Pagina:Rime (Andreini).djvu/210

198

     Ad inutil Fatica
     Il collo sottomette;
     Ne gli ampi abissi di miseria cade;
     Ter mendace beltade
     A i singulti, à i lamenti apre la strada;
     Niènte più gli aggrada,
     Se stesso in bando pone,
     Odia ragione, e stolto il ben disprezza;
     Cotanto è l’alma al suo contrario avezza .
Nel seguirti imparai
     A tragger guai dolente, anzi à morire.
     Per monti, selve, e piagge
     Andai misera me sempre piangendo;
     L’orme di lui seguendo,
     Che già mi fè languire;
     E nudrendo nel cor voglie non sagge
     De le Fere selvagge
     Divenni (ahi crudo Amor) fida compagna.
     A l’aperta campagna
     Errai la notte, e ’l giorno;
     Ogni mio scorno, e doglia à i sassi io dissi,
     E ’n mille piante la mia pena scrissi.
Così sperai dolente
     Spegner l’ardente fiamma, indi sottrarmi
     A morte in simil guisa;
     Nè fù per ciò, ch’io respirassi un quanco;
     Che non ti vidi stanco
     Giamai dal saettarmi;
     Anzi da l’alma mia sempre divisa
     Fui schernita, e derisa;
     Il mal hebbi securo, il ben’ incerto,
     E di mia pena il merto


Spie-