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Segui l’alto Signor, ch’à se ti chiama.
     Son di lui messaggiera, e vò mostrarti
     Come s’acquista honor, come Dio s’ama.
Visto, che pur volevi consumarti
     Dietro à spietata, e fragile bellezza
     Mi mossi, e vengo sol per consolarti.
Vuoi seguir chi ti fugge, e chi ti sprezza?
     Ah ben m’avveggio, che se’ fatto, come
     Semplicetta farfalla al lume avezza.
Hor prima, che tu cangi e volto, e chiome
     Segui ti prego il mio sano consiglio,
     Sgombra da te queste dannose some.
Soggiunsi, amica al tuo parer m’appiglio,
     Voglio fuggir la dispietata luce,
     Ch’Amor mostrommi sotto quel bel ciglio.
Un raggio di salute in me riluce,
     Sì mi conceda chi diè lume al Sole,
     Ch’io segua la mia fida, e cara Duce.
Tal forza hebbero in me l’alte parole
     D’essa Ragione, che ’mpugnai lo scudo
     Contr’al desìo, che spesso il suo mal vuole.
Hor da te fuggo Arciero alato, e nudo,
     Ed hò contro di te sì grave sdegno,
     Ch’animo al Mondo non fù mai sì crudo.
Mentre servendo vissi nel tuo Regno
     Spietato al pianto mio torcesti gli occhi,
     Hor al tuo richiamar venir non degno,
Indarno tendi l’arco, à voto scocchi.


SONETTO CLXIV.


P
Oscia, ch’io non son più d’Amor seguace,

Speme non più, non più timor m’ingombra;
     Non piacer falso il vero à l’alma adombra,
     Nè suoi dardi più curo, ò l’empia face.


Hor