Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
189 |
SONETTO CLXIII.
Con lo sguardo di cui mi vissi un tempo,
A l’amico rotar del fido Tempo
Col giel di crudeltà pur lo spegneste;
E se piaga mortal già mi faceste,
Che più cupa si fèo di tempo in tempo;
Hor nel grave martir più non m’attempo,
Che voi del fianco aperto il mal chiudeste.
Voi di fierezza il duro petto armato
In un mi foste e Medico, e Guerriero,
Crudo strale, e pietosa panacèa.
Fama è così che ’l gran Pelide altero
Con l’hasta, onde pur dianzi havea piagato
L’istesse piaghe risanar solèa.
MAD. CXXIII. [CXXIV.]
Il giogo, e la catena, ov’io tant’anni
Vissi tiranneggiata in tanti affanni,
Per compagna Ragione,
Per consiglier lo Sdegno, Ira per guida
Prendo così l’infida
Fede io fuggo d’Amor, le reti, e i dardi;
Ma lassa (ohime,) ch’io me n’avveggio tardi.
Cap. III. con ogni terzo verso del Petrarca.
Fatt’hà de l’arco suo segno il mio core,
Ma tutti i colpi suoi commette al vento.
Invan procuri ingiusto empio signore
L’alma tener con tue lusinghe avvolta
Frà le vane speranze, e ’l van dolore.
Io |