Forse Pari in Ida scerse
Così chiari ardenti lampi.
Nò, che Venere si crede
Finta alhor, che costei vede.
Ella ornava gli ornamenti
Col sembiante pellegrino;
E gioivan gli elementi
Vagheggiando il bel divino;
E sù l’oro de i capelli
Rideàn lieti i fior novelli.
Febo uscì de l’onde fuore;
Ma poi ch’egli in terra scorse
D’altri raggi altro splendore
Saggio indietro il camin torse.
Che s’ei fosse in Ciel comparso
Fora stato e vinto, ed arso.
Le fresch’aure matutine
S’infiammàro al dolce foco
De le labbra porporine;
De le labbra, ov’hoggi han loco
Di rubin vive facelle,
Ch’ardon l’alme, ardon le stelle.
Il bel petto ove biancheggia
Di sue nevi il giglio pieno
Con mille occhi il Ciel vagheggia;
Nè sò ancor se ’n quel bel seno
Scendon guardi, ò scendon baci
Del mio ben ladri rapaci.
Pure nevi, che accendete
Le faville, ond’io tutt’ardo
Morte voi, voi tomba sete
Del famelico mio sguardo,