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Soviemmi come io desiai sovente
     Finir nel più bel corso i miei verd’anni;
     E veggio ad un, ad un tuo’ falsi inganni,
     Nè d’amarti il mio cor però si pente.
Anzi pur quella micidial beltade
     Cotanto à danni miei possente Maga
     Bramo, cerco, sospiro, e chiamo invano.
Temendo non un dì tua feritade
     Provi giusta del Ciel l’irata mano.
     Così m’ha fatta Amor del tuo ben vaga.


SONETTO CL.


Q
Ualhor ti veggio tosto al cor mi scende

Tutt’armato ad un tempo Amore, e Sdegno;
     Nè sò se più nemica, ò amante io vegno:
     Sì mi lusinga l’un, l’altro m’accende.
Confusa l’alma ogn’hor trà se contende.
     Ma non sia più, che questo laccio indegno
     M’annodi; la ragion vaglia, e l’ingegno
     Per sottrarmi al dolor, che sì m’offende.
Ah non convien, che nobil alma porte
     Fiamma indegna, che l’arda, e la consume
     Dandole innanzi tempo acerba morte.
Sdegno spenta ragione homai rallume.
     Guerra, e vendetta sièn mie fide scorte,
     D’ira avampi il mio cor per suo costume.


SONETTO CLI.


P
Iansi gran tempo, ed hebbi il cor piagato

Di strale ardente, e la mortal ferita
     Quanto più acerba tanto men gradita
     Fù à l’empio mio Signor d’orgoglio armato.
Fèi de le mie sventure altrui beàto
     Essempio sol di miserabil vita,


M               Da