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     Ond’io temei d’incenerir sovente,
     Quand’altri il mio languir prendeasi in gioco.
S’intrpidì ben la mia fiamma un poco
     Nel fuggir de’ begli occhi il raggio ardente;
     Ma ’l novo folgorar soàvemente
     Viè maggior fece, e più vivace il foco.
Sgombra dunque da me speme fallace;
     Che ben conosce il cor arso, e schernito,
     Ch’ei da l’incendio suo non può ritrarsi.
Folle chi spera amando haver mai pace,
     Foco d’Amor può ben restar sopito,
     Ma non può però mai cenere farsi.


SONETTO CXLV.


S
E col guardo sereno alto desire

M’accendeste nel cor, se con le chiome
     Voi mi legaste a ’nsopportabil some
     Di lagrime, d’angosce, e di martire:
Qualhor chieggio soccorso al mio languire,
     Qualhor chiamo in aita il vostro nome:
     Se ciò v’offende, ch’io non sò dir come,
     Perdonate à voi stessa il mio fallire.
Voi l’ardor, voi l’ardir somministrate
     A l’alma, voi d’un grato, e rìo veleno
     Spargete i sensi, ond’io non trovo schermo.
Contra voi troppo il mio valor è ’nfermo;
     Ch’Autumedon d’Amore in man portate,
     E di mia vita, e di mia morte il freno.


MADR. XCVIII.


D’
Amor tutti gli strali

Si fan segno infallibil del mio core,
     E lascian sempre in lui piaghe mortali;
     E s’io del mio dolore


Mi