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Sopra ’l medesimo cavallo.
MADR. LVII.
Del mio Fabro eccellente
In me lo ’ngegno, e l’arte,
Sappi, che se volèa la man prudente
Correr nei larghi campi mi vedresti,
Il nitrito udiresti,
E del mio Cavagliero il suon de l’armi;
Ma nè voce, nè moto, ei volle darmi.
SONETTO CX.
Scaccia l’egro desio, te stessa affrena:
In qual cinger ti vuoi nova catena,
Mentre vedi l’antica à pena sciolta?
Chi t’ha del mal la rimembranza tolta
Cieca di novo? ò qual follìa ti mena?
Amor di dolce fallo amara pena
A qual pur t’have precipizio volta?
Dirai, che poco offende Amor nascente,
Si come poco il giovenetto raggio
Scalda del Sol, che spunta in Oriente.
Ah come il vedrai tosto Alma dolente
Ad onta nostra, ed à perpetuo oltraggio
Farsi tiranno altier, grande, e possente.
SONETTO CXI.
I miei sensi rapì sì dolce, ch’io
Ogni affanno d’amor posto in oblìo
A l’amato seren l’anima offersi.
Ogni chiuso pensier quindi v’apersi,
Invocai nel mio canto Euterpe, e Clìo,
I Perche |