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Già lieto riportò la spoglia d’oro
D’Esone il Figlio. hor viè più degne palme
Si convengon di Christo al buon guerriero.
Invitto sempre vincitor de l’Alme
Sia ’n guerra, e ’n pace e de l’Hispano Hibero
Habbia felice il singolar tesoro.
SONETTO CXV. [XCV.]
Vanne à lui che m’ancide, e ’l mio dolore
Narra piangendo humil; che son ben sai
Preghi, pianti, e sospir l’arme d’Amore.
Forse, che ammollirai l’alpestre core
Sì vago hor del mio mal; forse vedrai
Humidi al tuo languir que’ dolci rai.
O di bella vittoria altero honore.
Schiuse vedrem le sospirate vie
Di devuta pietade. ecco i’ discerno
Giusta mercede à le miserie mie.
Prendi vigor, consola il duolo interno.
Sforzar talhora il Ciel lagrime pie,
Ed ardente pregar placò l’Inferno.
SONETTO XCVI.
Per tè mi struggo, e ’n così amare pene
Riverenza, e timor fia, che m’affrene,
Che l’oggetto, ond’avampo è troppo altero.
Qual senz’arme se’ tù forte guerriero;
Merito non possiedi; ed havrai spene
D’alte venture incauto? ah non conviene
Segno divino ad un mortale arciero.
Poco |