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Di frondi il bosco, e ’l Rosignol gentile
Per me non tempra mai
Le sue voci canore,
Per me del Sol i rai
Del profondo Oceàn non escon fuore.
Splend’egli a’ vivi. io son morto, e sepolto
Nel duol, poiche Madonna il Ciel m’hà tolto.
SONETTO LXXXI.
Che chiara, e pura senza moto giace
Non è de gli occhi miei specchio mendace
Deforme almo mio Sol già non son’io.
Perche dunque nemico al mio desio
Ti mostri? e ’l cor, ch’amando si disface
Non gradisci? e cotanto (ohime) ti spiace
Crudo Pastor questo sembiante mio?
M’ama Selvaggio pur, ne di beltade
L’avanzi, ò di ricchezza, ò di valore,
Di senno, ò di virtù, se ’l ver comprendi.
Se nemico sol dunque di pietade
Ti mostri à tanta fede, à tanto amore
Più de gli altri conosci, ò meno intendi.
SONETTO LXXXII.
Mentre quì volgi il piè leggendo miri
Di Tirsi altier le lagrime, e i sospiri,
Di Tirsi, che già fù di Filli amante
Sappi, che ’l fiero al variàr costante
Hor di Filli disprezza i bei desiri,
E gode di vederla infrà martiri
Venirsi meno à suoi crud’occhi avante;
E pur |