30E messire — Ivano
e ’l dolze Tristano
ciascun fue solano
ver’me di languire.
S’io languisco, 35non perisco,
ma nodrisco — in disianza;
vo penando
e pensando
e chiamando — pietanza: 40come nave,
che, soave,
che sta in grave — tempestanza.
Cotanto amo,
che pur bramo 45d’incarnare infra l’amore:
sto ne’ ramo
più ch’Adamo
per lo pome de l’erore.
Né non dico, 50né disdico,
né non faccio dimostranza
né amico,
né nemico
per la mia dolze speranza. 55S’eo la sguardo,
’ncendo ed ardo,
tanto temo no le spiaccia;
si ne ’mbardo
ca tuto ardo, 60par che tuto mi disfaccia.
Muovi, dansa,
per amansa
di quella gentil donzella:
di’ che cansa 65la speransa,