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182 iii - i rimatori pisani

Vivendo in isperanza,
son gai’ e fresco e raffino ’n servire;
25né lo meo pensamento
non può escir di tormento,
pensando a farv’onore,
donna di gran valore, — pienamente:
ca per lo vostro bene
30mi pare escir di pene,
cusi forte mi piace,
piò che lo meo non face — fermamente.
Or dunqua com’faraggio,
poi la mia malatia
35non oso adimostrare
a chi mi può guerir e far gioioso?
Ben so che ne moraggio
di corto qualche dia:
nonde poro campare,
40se no m’aiuta ’l viso grazioso,
per cui piango e sospiro
tuttor, quando la smiro,
e dico ’nver’di mei:
— Lasso! Perché colei — eo amai tanto r"
45Possa riprendo ’l dire
e’ ho fatto e dico: — Sire
Deo, cotal fenita
facesse la mia vita — e fora santo! —
Madonna, penso forte
50de la mia natura
che passa l’assessino
del Veglio de montagna disperato;
che per metersi a morte
passa in aventura;
55e gli è cosí latino,
noi gli è gravoso, ch’egli è ingannato.
che ’l Veglio a lo’ ’mprimero
lo tene in del verdero,