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piccolo frontispizio in mezzo alla sinagoga porge alla vista due colonne d’ordine corinzio, la quali rivelano che anche nel Ghetto è penetrata l’architettura più in uso a Roma. Nel fregio sono raffigurati in istucco il candelabro a sette braccia, l’arpa davidica, non che la cetra di Miriam.
Un rabbino mi aveva invitato a portarmi alla sera nella sinagoga, dicendomi vi si sarebbero cantati i vespri, ed accertandomi avrei potuto udire buona musica. Venuta la sera gli Ebrei si affollavano alla porta della sinagoga. Vidi pure colà parecchi Romani, ed anche fra questi alcuni sacerdoti. Ci fecero aspettare forse una buona mezz’ora, e non mi fu punto discaro lo aspettare, e lo scorgere persone le quali stavano aspettando, imperocchè questo era segno di sovranità, esercitato almeno una volta da una razza oppressa, e disprezzata. Finalmente le porte si aprirono, e saliti alcuni gradini mi trovai nell’interno del tempio. Viddi la stupenda sinagoga di Livorno la quale è forse la più ricca del mondo, ma mi parve assai meno degna di osservazione di questa sala del Ghetto romano. L’edificio di Livorno è ampio, bello, di gusto puro. Le sale del tempio di Roma sono piccole propriamente antiche, pittoriche in sommo grado, bizzarre, e di aspetto esotico. Seguendo l’uso delle chiese cattoliche di Roma, quando vi si solennizzano feste, si erano ricoperti le pareti di tappeti ricamati, in colore rosso ed oro, e rivestite le colonne di damasco. Si leggevano nelle decorazioni molteplici sentenze, tolte dall’antico Testamento. Il tetto era piatto, all’uso delle basiliche romane, ornato unicamente di cassettoni dipinti. Correva sotto una fascia ornata di bassi rilievi in istucco, che tutti si riferivano agli oggetti inerenti al culto israelitieo, ed era tanto più singolare il vederli in Roma, dove parecchi di essi sono di già raffigurati sull’arco di Tito. Vi si scorgono il tempio di Salomone, stupendamente rappresentato con tutte le sue porte, suoi porticati laterali, suoi altari, la piscina di rame, l’arca santa col cherubino, gli abiti e la tiara sacerdotali, da cui traggono origine gli abbigliamenti dei vescovi, e