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più senso che dovunque in Roma, città, che siede in vasta pianura, caratteristica propriamente per ampiezza di spazio, per le dimensioni in ogni cosa grandiose della sua architettura, per i suoi palazzi colossali in gran parte deserti, taluno dei quali basterebbe forse a dare ricovero a metà della popolazione del Ghetto. Il popolo marmoreo delle statue abita stupende sale, rinfrescate dallo spruzzo delle fontane. Le reliquie marmoree dell’antichità, anche quelle di minor conto, hanno stanze regali, e l’unica reliquia vivente dell’antica Roma, creature umane, le quali nutrono in petto cuori che battono, sentono, e soffrono, sono ridotti a dover vivere nella più schifosa sporcizia.

Sono meno infelici gli Ebrei, i quali abitano la parte superiore del Ghetto, e particolarmente la Via Ruà. Questa strada, più ampia delle altre, con case abitabili, si potrebbe in certo modo considerare quasi il corso del Ghetto, imperocchè anche sotto una stessa legge politica, anche nella schiavitù il diritto crea distinzioni fra gli uomini. Nella via Ruà abitano gli Ebrei che tengono in tasca il migliore titolo di Gazzagà; taluni vi posseggono case, e sono addirittura agiati. Qui stanno le più belle botteghe dei negozianti in drappi, a principiare dai più ruvidi e grossolani fino alle stoffe le più preziose. Gli Ebrei che riescono a diventare ricchi, si portano volontieri, a quanto venni assicurato, ad abitare in Toscana. La è poi cosa singolare, che sulle insegne nel Ghetto si leggono pochi nomi prettamente ebrei. Gl’Israeliti di Roma hanno tolto in gran parte nomi di città italiane, come Asdrubale Volterra, Samuele Fiano, Pontecorvo Gonzaga, ed è cosa comica per vero, lo scorgerli portatori di cotali nomi altieri, principeschi, altisonanti. Parlano pure in generale il dialetto romano, e mi accadde di raro udirli conversare fra loro in lingua ebraica; nel modo pure di vestire non si distinguono dal resto della popolazione di Roma, e neppure alle loro feste, non mi venne fatto di scorgere verun costume orientale.

La parola di festa accoppiata a quella del Ghetto, suona