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Abbiamo finita la storia degli Ebrei in Roma, però non intendiamo ancora chiudere questo scritto, avendo intenzione ancora, di dare un’idea del Ghetto al presente, quale lo abbiamo potuto osservare di persona.

Si ha accesso ad esso dalla città per la via Savelli, presso il teatro di Marcello ed il portico di Ottavia, o dal Trastevere, per l’isola ed il ponte Quattro Capi. Da questo si vede propriamente un’imagine di Roma antica, e di Roma del medio evo, vista originale ed attraente quale non esiste forse la seconda in questa città delle memorie. Di là si scorge il pittorico Trastevere, colle sue antiche architetture, colle sue torri rovinate; si scorgono sul fiume gli archi di Ponte rotto, e più in alto il bel tempio di Vesta, l’antica torre di S. Maria di Cosmedin, le rovine gigantesche del palazzo dei Cesari con i loro bruni cipressi, ed all’orizzonte le cime dei monti di Albano, ed in faccia le file delle case del Ghetto, costruzioni quasi a foggia di torri, e bizzarre, colle finestre ornate di vasi di fiori, e dalle mura delle quali pende ogni sorta di masserizia, la quale fila di case scende fino al fiume, le cui onde torbide ne lambono le mura. Fatti pochi passi, dal ponte si entra nel Ghetto.

Allorquando lo visitai per la prima volta, il Tevere era straripato, e le sue acque scorrevano per la strada più bassa detta la Fiumara, le case della quale hanno per così dire i loro fondamenti nel fiume stesso. Le acque erano salite fino al portico di Ottavia, ed inondavano i piani inferiori delle case circostanti. Ed era pure malinconico spettacolo, quello del povero quartiere abitato dagli Ebrei, inondato dalle acque torbide del Tevere. In ogni anno il popolo d’Israello va soggetto a questa sciagura; il Ghetto nuota nelle acque, nè più nè meno che l’arca di Noè con i suoi uomini, ed i suoi animali. Ed il male diventa maggiore allorquando il mare grosso per il vento di ponente, contrasta lo sbocco alle acque del fiume ingrossato per il liquefarsi delle nevi, e per le pioggie di primavera; allora le acque salgono al primo piano, e