Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/81


- 81 -

IV.

Finalmente questa volta nella lotteria era toccato un buon numero ai poveri Ebrei, ma appunto perchè la era lotteria poteva tutto ad un tratto venirne fuori uno cattivo, imperocchè pochi anni dopo la morte di Sisto V Clemente VIII, Aldobrandini, rivocò tutte quante le disposizioni di quello relative agli Ebrei; rinnovò l’editto di Caraffa, piombando quei disgraziati nella desolazione.

Durarono in questa misera condizione tutto il secolo XVII, per gli editti di Clemente XI e di Innocenzo XIII. Questi vietò agli Ebrei qualunque commercio, ad eccezione della vendita dei cenci, panni usati e ferri rotti, o come dicevasi volgarmente Stracci ferracci, e soltanto Benedetto XIV, Lambertini, nel 1740 loro permise di aggiungervi la vendita di panni nuovi, alla quale attendono tuttora oggidì assiduamente. Si videro pertanto fino ai giorni nostri in Roma gli Ebrei aggirarsi per le case colle loro mercanzie unte, e si udirono le strade risuonare del malinconico Hep! col quale annunciano il loro meschino commercio.

I secoli XVI e XVII, nei quali i Medici accordarono tante agevolezze agli Ebrei in Toscana, furono per avventura i tempi più infelici per il Ghetto di Roma. Trovo in un libro romano del 1677. Stato vero degli Ebrei in Roma; stamperia del Varese, la notizia che a quell’epoca il numero degli Ebrei vi era di mille e quattrocento, fra i quali si contavano un duecento famiglie agiate. L’autore dice che nel secolo XVI, il Ghetto pagava quattro mille ottocento sessantuno scudi di tributi, e che nel secolo XVIII non ne pagava più che tre mille e duecento sette. Sebbene quello scritto sia grandemente ostile agli Ebrei, non avrei argomento per tacciarlo di essere men veritiero. L’autore asserisce che ad onta delle incessanti lagnanze che gli Ebrei andavano muovendo di continuo, il Ghetto era ricco; e che, pagati tutti i tributi,

F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. I. 6