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ha data a Mosè nostro sacerdote sul monte Sinai, nella stessa guisa che si degnarono accettarla e confermarla i venerati pontefici predecessori di Vostra Santità.» Il Papa rispose: «Noi confermiamo la legge, ma condanniamo la vostra credenza, e la vostra dottrina, imperocchè colui che voi dite dovere venire, venne, e fu nostro Signore Gesù Cristo, come la Chiesa predica ed insegna.» Ultimata la cerimonia, gli Ebrei si ritirarono di bel nuovo nel castello.

E quando si pensi che questo Castel S. Angelo era il mausoleo di Adriano, il quale aveva distrutta da cima a fondo Gerusalemme per la seconda volta, e portati gli Ebrei in ischiavitù, sarà facile comprendere come anche questa stessa località dovesse riuscire invisa agli Ebrei, i quali non odiavano meno la memoria di Adriano di quella di Tito.

Per una eccezione Pio III nel 1503, trovandosi infermo, ricevette gli Ebrei in una delle sale del Vaticano stesso. Giulio II li ricevette di bel nuovo alla mole Adriana, dove fecero un lungo sermone, e dove particolarmente favellò con singolare eloquenza il rabbino spagnuolo Samuele, medico del Papa. Questi rispose prout in libello, vale a dire secondo la formola stabilita dal libro dei cerimoniali.

Anche Leone X, Medici; in occasione della elezione del quale nel 1513 si fecero le feste le più splendide che abbiano mai avuto luogo per un Papa; ricevette gli Ebrei in Castel S. Angelo. La scena trovasi descritta dal maestro di cerimonie Paride dei Grassi. Gli Ebrei stavano alla porta del castello, sopra un palco in legno ricoperto di ricchi tappeti e di broccati lavorati in oro, e dove ardevano otto grandi torcie in cera, ed ivi tenevano le tavole della legge. Allorquando fu giunto il Papa, il quale cavalcava una chinea bianca, gli Ebrei lo pregarono, secondo il solito, di confermare la legge. Il Papa prese il libro aperto dalle loro mani, lesse alcune parole, e disse: «Noi confermiamo ma non consentiamo» dopo di che lasciò cadere a terra il libro, e proseguì la sua strada.