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nordiche, e la si direbbe una apparizione favolosa, imperocchè queste piante sorgono folte, le une vicine alle altre, in un disordine pittorico, sormontate tutte dalla loro capigliatura, e specchiandosi nelle acque cerulee del rivo. Ogni idea greca scompare ad un tratto, e la fantasia vola sulle sponde di quel Nilo solenne, enigmatico, alle piramidi, alle sfingi, ai rotoli dei maravigliosi papiri. Sulle rive della Ciane siracusana, su questa terra ellenica, mi apparvero queste piante quasi un mito, quasi rappresentanti della tradizione secondo la quale ogni civiltà, ogni scienza, sarebbero originarie del favoloso Egitto; e nel gettare alternativamente gli sguardi sulle piante del papiro, e sui tronchi delle colonne del tempio di Giove Olimpico, mi pareva avere davanti agli occhi contemporaneamente i simboli delle due civiltà dell’oriente, e dell’occidente.
Landolina e Politi si povarono ad estrarre da queste piante il papiro, e la prova loro riusci perfettamente, avendone ricavate striscie, le quali non si differenziano da quello egiziano, che per maggiore freschezza di tinta, S’impiega a tal uopo la scorza del fusto, divendola in fogli sottilissimi, che si levigano, dopo averli sottoposti a pressione.
Lasciai la barca nel Ciane per salire sulla vicina collina di Poliene. Le colonne scannellate dell’Olimpio, che colà tuttora sussistono, hanno piedistallo, ma mancano di capitelli. Il tempio era molto antico, perchè esisteva di già all’epoca della battaglia d’Imera; ma era di poca mole, misurando il diametro delle colonne appena sette palmi. Gelone aveva rivestita la statua di Giove di un mantello d’oro, ma Dionigi lo tolse dalle spalle del Dio, dicendo da libero pensatore, che un mantello d’oro era troppo pesante per la state, e troppo freddo per l’inverno. Più tardi Verre s’impossessò della statua stessa di Giove, e la portò a Roma, Serbavansi pure nell’Olimpio i registri coi nomi di tutti i cittadini di Siracusa, i quali caddero nelle mani degli Ateniesi, allorquando occuparono l’Olimpico. Anche