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di riguardo, e che per le monete particolarmente, troverebbe difficilmente l’uguale.
II.
Achradina.
La seconda e la più bella parte della antica Siracusa, era Achradina. Era contigua per così dire ad Ortigia, e vi si avava accesso dall’isola, passando sull’argine o diga, la quale portava prima di tutto allo stupendo faro. Si stendeva Achradina lungo tutta la costa a levante, imperocchè a levante ed a settentrione si bagnava il suo territorio in mare, mentre a ponente era questo circoscritto da Tycha e da Neapoli, ed a mezzogiorno dall’isola, e dai due porti. Era cinta da ogni parle di mura, le quali dovevano essere molto forti, imperocchè Marcello dopo essersi reso padrona di Tycha, di Epipola, e di Neapoli, trovò in Achradina vigorosa resistenza, e forse non vi sarebbe penetrato senza il tradimento dello Spagnuolo Merico, che cedette per denaro l’isola ai Romani, rendendo con ciò inutile la difesa di Achradina. Verso il mare era protetta da quelle mura, nelle quali Archimede aveva fatto praticare feritoie, per poter far agire le sue macchine meravigliose.
Cicerone dice; la seconda città di Siracusa ha nome Achradina, trovansi in esso il foro principale, bellissimi portici, uno stupendo pritaneo, una vasta curia, ed un tempio magnifico di Giove Olimpico; gli altri quartieri della città sono occupati da un’ampia via maestra in senso longitudinale, da varie strade trasversali, e da private abitazioni. Anche oggidì rimane Achradina il campo più rimarchevole e più vasto di rovine di Siracusa. Consiste in un altipiano di roccia calcare, di tinta nera, la quale trovasi quasi dovunque scoperta a fiore di suolo, decomposta