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maestoso al quale non troverei altro a paragonare per grandiosità di stile, fuorchè la campagna di Roma. Verso terra sorgono i cupi monti d’Ibla, imponenti di forme, ed ai loro piedi volge le sue onde il mare Jonio, coperto un tempo di numerose flotte, e testimonio di battaglie navali, quali solo l’Inghilterra moderna potrebbe vantare uguali. Magri oliveti che crescono a stento su quella pianura sassosa, danno colla loro tinta grigia un aspetto malinconico a questa classica solitudine. Dovunque si volga lo sguardo, sorgono in folla le memorie di tempi trascorsi, di generazioni scomparse, che fu pure questo, teatro di grandi avvenimenti storici. Alla distanza di miglia non si vede altra creatura viva che uccelli di rapina, accovacciati sulle roccie giallognole, o che inseguono la preda. Arido e sassoso quanto l’altipiano, compare dalla parte opposta il capo Plemmirio, fra il quale e l’isola di Ortigna, si apre la bocca di quel porto che i Siracusani avevano sbarrato a Nicia con navi e con catene. Tutta quella spiaggia di curve belle e grandiose, è totalmente morta, e colà dove si stendeva una corona non interrotta di giardini, di ville, non si scorge più che una capanna, una qualche casuccia di pescatori; tutto è deserto, arido, ed in alcuni punti paludoso; soltanto dove l’Anapo sbocca in mare, le canne palustri, i pioppi, la pianta del papiro, segnano il corse del fiume, o del rivo Ciane, o della Palude siraca, dalla quale la città aveva tolto il nome.
Proseguii la strada deserta verso l’isola, osservando i numerosi sepolcri scavati da ambo i lati nella roccia, ed i bizzarri accidenti di cave abbandonate. Presso al piccolo porto cominciano a vedersi giardini, ed alcuni vigneti, ed ivi si raccoglie il rinomato vino di Siracusa, il quale esilarava già l’animo di Gelone, di Jerone, e di Pindaro. Una colonna, di fronte all’isola, è l’unica rovina che si scorga; dessa sorge quasi il genio della morte in quella pianura sepolcrale, facendosi per così dire le beffe del viaggiatore, alla cui imaginazione si presenta l’aspetto della grande ed illustre Siracusa, di quella città, la quale contò un tempo un milione di abitanti.