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grande il furto dei capolavori delle arti belle, ma in tempi a noi più vicini, la sua impudenza venne superata da Napoleone. Il proconsole romano spediva i suoi messi in tutta la Sicilia, e dove rinvenivano nei tempii o nelle abitazioni private dipinti, o statue pregevoli, se le faceva cedere con minaccie, o le rapiva a forza. In una notte oscura e burrascosa, fece sorprendere il tempio da schiavi armati; le guardie di quello vennero fatte prigioniere, le porte del santuario vennero atterrate, e si era riuscito di già a smuovere la statua di bronzo dal luogo dove trovavasi infissa, allorquando il popolo si destò a romore. «Non fuvvi persona in Agrigento, dice Cicerone, per quanto fosse od affranta dagli anni, o debole, la quale spaventata in quella notte dal terribile annuncio non sia sorta, e non abbia dato di piglio ad un’arma. Tutto il popolo in un batter d’occhi si precipita verso il tempio.» I ladroni, i quali si affatticavano invano con pali di ferro e con funi contro il Nume, che non voleva cedere, furono cacciati a furia di sassi, e non poterono portar seco che due altre statua. I Siciliani erano, come accenna Cicerone in parecchi siti, pronti di spirito, e fecero in quella occasione un frizzo sul tentativo fallito di rapina, dicendo che alle fatiche d’Ercole, conveniva aggiungere quella di avere vinto il mostro Verre, nè più nè meno che il cignale della foresta Erimanzia.

Dovevasi trovare pure in quel tempio l’Alcmena di di Zeusi, la quale era parsa al pittore cotanto bella, che non aveva voluto cederla per verun prezzo, ed avevala allogata nel tempio. Nel 1836 venne scoperta fra le rovine di questo la statua di Esculapio, mancante della testa, che ora si vede nel museo di Palermo.

Proseguendo oltre si incontrano le rovine del tempio più famoso di Sicilia, il quale era ad un tempo uno degli edifici più grandiosi dell’antichità, vale a dire dell’Olimpio ossia tempio di Giove Olimpico. Gli Agrigenti lo avevano costrutto nel periodo più splendido della loro storia, dopo la vittoria riportata sui Cartaginesi ad Imera;