Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 304 — |
vittoriosamente alle ingiurie degli anni. La sua perfetta conservazione indusse nel medio evo i Cristiani a ridurlo ad uso di chiesa, e per tal guisa venne salvato da rovina. Nel secolo XV vi si praticò all’interno una cappella dedicata a S. Gregorio delle Rape vescovo di Girgenti, e fu allora che si aprirono nelle pareti laterali i dodici archi che tuttora vi si scorgono, i quali per essere in contraddizione ad un tempio greco, inducono in errore coloro i quali ne ignorano l’origine. Più tardi la chiesa venne abbandonata, ed il tempio venne ristabilito nel 1748 a cura del principe di Torremuzza. Fazello avevagli dato il nome di tempio della Concordia, nome il quale nulla ha che fare con un tempio greco, indotto a ciò da un’antica iscrizione latina trovata colà. Non havvi nel resto della Sicilia, nè in tutta Italia un tempio antico conservato ai pari di questo; perfino i gradini che presso l’ingresso a levante portano sul tetto sono perfettamente conservati; non manca parte veruna dell’edificio, e si può prendere un’idea perfetta dell’architettura di un tempio greco.
Era questo del resto il tempio più stupendo, ed il più compiuto di tutta la Sicilia; quello di Segesta di cui rimangono tuttora il frontone ed il portico non era stato ultimato, imperocchè non si scorgono traccia di mura interne, e le colonne sono tuttora senza scannellatture, Quelle maestose colonne di colore oscuro, senza base, ristaurate con discrezione ed intelligenza, quegli ampi capitelli, le belle proporzioni del cornicione il quale ha serbato tutti quanti i suoi triglifi, la semplicità grandiosa di quell’architettura, producono una profonda impressione. L’architettura dorica, la più bella dell’antichità, rivela del pari che la scultura e la poesia, quella forza e quell’armonia, le quali formavano l’essenza del genio greco, il quale in ogni cosa sapeva trovare le leggi le più semplici. Nel contemplare un tempio grevo, si comprende quale dovesse essere la semplicità e l’armonia della vita di un popolo, il quale seppe imprimere tali caratteri a suoi monumenti religiosi. Noi comprendiamo quest’armonia, la quale è