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stessa guisa che i sofismi invadevano la filosofia. La Sicilia patria del sofismo, lo fu pure della ciarlataneria; ed oggidì tuttora quell’isola, donde oltre Empedocle uscì pure Cagliostro, si distingue per un certo spirito sofistico, e per una certa tendenza al ciarlatanesimo ed alle idee estreme, ed io credo non perderà mai questo tratto caratteristico, siccome quello che è prodotto indigeno del suo suolo volcanico.

Empedocle stesso, nei versi che abbiamo riferito, vi compare quale un ciarlatano; e fa d’uopo aver osservato i costumi del popolo nelle città di Sicilia, per riconoscervi le qualità ed i difetti, che sempre nella stessa forma vi si osservarono in tutti i tempi. Empedocle non fu che il precursore de’ ciurmadori delle epoche posteriori. La tradizione assegnò un carattere favoloso alla sua morte, come a quello di Apollonio di Tiana, e di parecchi semidei e profeti cristiani, che oggidì tuttora si venerano. Narrasi che dopo avere richiamata in vita una donna morta, si fosse recato con parecchi amici alla villa di Pisanace, per offerirvi un sacrificio, e che dopo il banchetto i convitati, si fossero recati gli uni sotto le piante, gli altri qua e là per riposare, e che quando, cessato il caldo, si risvegliarono mancasse Empedocle. S’interrogarono gli schiavi, ed uno disse aver udita durante la notte una voce sovrumana, la quale pronunciava il nome di Empedocle. Soggiunse che destatosi, vide una luce celeste, uno splendore di fiaccole, quindi più nulla. Si disse pertanto, essere Empedocle volato fra gli Dei. Secondo un’altra tradizione il filosofo sarebbe salito sull’Etna, e vi si sarebbe precipipato nel cratere, ed il volcano avrebbe rigettato uno de’ suoi calzari. Si disse che Empedocle avrebbe scelto questo genere di morte, dopochè i Selinuntini gli avrebbero decretati onori divini, nel proposito di confermare la credenza di essere propriamente un Dio. Secondo Diogene, Empedocle sarebbe morto nel Peloponeso, e gli Agrigentini gli avrebbero eretta una statua, la quale più tardi sarebbe stata dai Romani trasportata a Roma e collocata davanti alla Curia.